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Luglio 24, 2023 da Redazione

Costo impianto d’allarme

Impianto d’allarme: tipologie, prezzi e consigli per scegliere il migliore

Costo impianto allarme | Foto principale articolo

Parliamo di antifurti e impianti d’allarme, sistemi oggi tecnologicamente avanzati e sempre più diffusi all’interno delle nostre case.

Scegliere un buon impianto d’allarme, infatti, assicura diversi vantaggi che non possono essere sottovalutati o ignorati.

La sicurezza delle persone che vi abitano e dei beni (preziosi o “solamente” affettivi) in essa presenti, sono un valore inestimabile che deve essere protetto dai tentativi di furto.

Inoltre anche la stessa casa merita una protezione adeguata considerando come i tentativi di scasso ne possono danneggiare gli accessi determinando un esborso economico non indifferente per ripararli.

Scopriamo quindi quali sono i migliori sistemi d’allarme, come funzionano, quanto costano e come scegliere il migliore.

 

    Indice contenuti

  • I sistemi d’allarme più diffusi
  • Componenti di un sistema d’allarme
  • Kit antifurto casa
  • I sistemi d’allarme di ultima generazione
  • Quanto costano
  • Le migliori marche di sistemi d’allarme
  • Il miglior antifurto del 2023

 
 
 

I sistemi d’allarme più diffusi

Tipologie impianti d'allarme

Quando si parla di impianti di allarme si fa riferimento a un’ampia categoria di strumenti tecnologici atte a impedire l’intrusione di malintenzionati sia come deterrente che tramite sistemi con i quali avvisare sé stessi (specie se non si è in casa), le autorità, le aziende di vigilanza o il vicinato in modo che possano intervenire per far desistere o bloccare il ladro.

La prima tipologia di sistema di allarme è quella con filo.

È un impianto che richiede un intervento di muratura per il passaggio dei fili e il posizionamento della centralina e dei vari sensori (per questo è ideale negli edifici in costruzione) che assicura un costante funzionamento e un ottimo livello di efficienza.

Un’altra tipologia è quella dei sistemi di allarme senza filo (wireless) o via radio.

Il funzionamento è pressocché il medesimo, ma l’installazione è molto più rapida ed economica in quanto non vi è necessita di interventi murari per l’installazione dei relativi componenti.

Esiste anche la versione mista per cui alcuni componenti (come le sirene e la centrale) sono cablate, mentre le altre (sensori e altri elementi) sono senza fili.

È possibile trovare anche impianti d’allarme integrati che abbinano sistemi di sicurezza attivi con quelli passivi (come l’antifurto collegato alla serratura della porta blindata).

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Componenti di un sistema d’allarme

Come anticipato nella descrizione delle diverse tipologie, un impianto d’allarme è composto da diversi elementi.

Il più importante è sicuramente la centralina, il cuore di tutto l’impianto, che controlla ogni altro componente e ha il compito di inviare la segnalazione in caso di attivazione di uno o più sensori.

Un sistema d’allarme si compone poi di una serie di sensori che differiscono in base alla collocazione e al funzionamento.

Esistono sensori di movimento interni o esterni, sensori di protezione per porte e finestre, sensori perimetrali e tutta una serie di soluzioni che rispondo alle specifiche esigenze dell’edificio.

Infine un impianto antifurto può prevedere una sirena, che si attiva per far allontanare i malintenzionati e velocizzare l’arrivo delle forze dell’ordine, e comandi fisici o digitali come telecomandi, tastierini, chiavi e applicazioni che consentono il controllo e la gestione dell’impianto.

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Kit antifurto casa

Una soluzione molto diffusa è quella dei kit antifurto per la casa.

Si tratta di sistemi d’allarme solitamente più economici (anche perché generici e non troppo specifici) che prevedono una centralina e uno o più sensori da collegare e fissare ai principali accessi della propria abitazione (porte e finestre) in modo da controllarne l’acceso e ricevere segnalazioni in tempo reale in caso di manomissione o tentativi di ingresso.

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I sistemi d’allarme di ultima generazione

L’evoluzione tecnologica ricopre un ruolo fondamentale anche nei sistemi di sicurezza.

In questo senso gli impianti d’allarme di ultima generazione sono caratterizzati, innanzitutto, dal miglioramento delle performance tecniche e, parallelamente, dal controllo costante tramite app dedicata sullo smartphone.

Queste tecnologie consentono di avere un controllo totale della propria abitazione anche attraverso un pannello di controllo con il quale interagire per avere sempre la soluzione migliore per le proprie esigenze.

I sensori sono sempre più efficienti, resistenti e capaci di rilevare i movimenti evitando, invece, i falsi allarmi.

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Quanto costano i sistemi d’allarme

Tipo di sistema Costo
Impianto intero Dai 1000€ ai 3000€
Sensori Dai 30€ ai 300€
Sirene Dai 50€ ai 300€
Tastiere 200€ circa
Telecomandi e chiavi elettroniche Dai 40€ ai 60€
Kit antifurto Dai 300€ agli 800€
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Le migliori marche di sistemi d’allarme

Il settore dei sistemi d’allarme conosce diversi produttori orientati all’eccellenza e al miglior rapporto qualità-prezzo.

I principali tra cui orientarsi sono: El.Mo, Combivox, Daitem, Tecnoalarm e Somfy Protect.

El.Mo è una delle migliori marche di sistemi d’allarme anche come recensioni di chi ha già scelto sistemi di questo tipo.

L’azienda si avvale della tecnologia NG-TRX per i suoi sistemi d’allarme che, tra le altre cose, garantiscono una portata operativa di 2km e consente diverse soluzioni, da quelle wireless a quelle cablate passando per quelle ibride.

Combivox è una delle migliori marche di sistemi d’allarme anche in termini di trasparenza.

Dal punto di vista tecnico offre un’ampia gamma di prodotti, sia per realtà di media e grande dimensione.

Le sue centrali consentono di essere integrate con i sistemi di videosorveglianza, coprire fino a 8 differenti zone e controllare fino a 24 sensori.

Un’altra valida alternativa è data da Daitem che con i suoi prodotti top di gamma consente di coprire fino a 8 diverse zone della casa o di un’attività commerciale potendo supportare fino a 80 rilevatori.

Può inoltre prevedere l’integrazione con la videosorveglianza e invia le segnalazioni tramite chiamate e SMS sfruttando diversi canali di comunicazione.

Tecnoalarm è uno dei migliori produttori italiani di sistemi d’allarme che assicura affidabilità e un ottimo rapporto qualità-prezzo.

I sistemi d’allarme Tecnoalarm vengono gestiti direttamente dall’app dedicata per il controllo fino a 20 ingressi tra quelli wireless e quelli cablati.

Tra i sistemi d’allarme fai da te Somfy è indubbiamente una delle realtà più apprezzate e diffuse.

Con il suo Somfy Protect Home Alarm Plus Integral offre un kit comprendente 1 sirena interna da 110dB, 1 rilevatore di apertura, 1 rilevatori di movimento interno, 1 sistema di controllo e 1 badge di controllo remoto.

Tutto è gestito tramite l’apposita app dedicata ed è controllabile anche tramite Google Assistant.

Una buona soluzione per la propria casa.

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Il miglior antifurto del 2023

Tra i migliori antifurto segnaliamo sicuramente l’El.Mo VICOMPACT2K.

Parliamo di un sistema anintrusione wireless che consente di monitorare fino a 32 ingressi.

È dotato di modulo GSM basato su tecnologia bidirezionale (è disponibile anche la versione con modulo 4G) che permette una comunicazione su tre diverse frequenze che, grazie a un particolare algoritmo crittografato, assicura un elevato livello di sicurezza e stabilità.

Tra i punti di forza dell’El.Mo VICOMPACT2K vi è la possibilità di gestire 1 area con 16 sensori, 4 aree con 4 settori ciascuna o 2 aree con 8 settori.

L’interfaccia del sistema d’allarme prevede un display LCD grafico con retroilluminazione RGB, una tastiera a 20 tasti in gomma, lettore chiave di prossimità e un sistema che gestire la rubrica telefonica con la possibilità di impostare 16 numeri per le chiamate vocali, 2 per quelle digitali, 4 per la teleassistenza e 1 per il bypass del centralino.

La portata operativa dell’El.Mo VICOMPACT2K va dai 400 metri ai 2km in spazio aperto consentendo un’ampia copertura anche di ambienti più grandi.

Da segnalare anche le funzioni di cronotermostato (giornaliero e settimanale) con sistema di rilevazione del blocco della caldaia, sensore di temperatura incorporato e una sirena interna a basso assorbimento.

Se non hai ancora un impianto d’allarme in casa o nella tua attività commerciale e vuoi installarne uno, richiedi un preventivo senza impegno.

Tramite il nostro sistema di ricerca potrai entrare in contatto con i migliori professionisti della tua zona per ricevere la consulenza necessaria per trovare il sistema d’allarme più adatto per la tua sicurezza a un prezzo davvero conveniente e competitivo.

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Luglio 24, 2023 da Redazione

Costo impianto fotovoltaico

Quali sono i prezzi di un impianto fotovoltaico?

Costo impianto fotovoltaico | Foto principale articolo

Con l’aumento dei costi dell’energia e il conseguente impatto che le bollette energetiche hanno sui bilanci familiari è inevitabile pensare all’impianto fotovoltaico come a un’importante soluzione.

Per valutare la convenienza bisogna tenere conto di diversi fattori, tra cui ovviamente il prezzo dell’impianto fotovoltaico.

Il costo, ovviamente, dipende dalla potenza dell’impianto che è legata alla capacità dei pannelli fotovoltaici di produrre energia.

Questo significa che per un’analisi corretta bisogna partire dai consumi annui, espressi in kWh, di cui ha bisogno quell’abitazione.

Consumi che sono evidentemente diversi in un single che vive in un appartamento di 40mq da quelli di una coppia che abita in un trilocale di 70mq e da quelli di una famiglia di 3-4 persone, magari con figli, che vive in una casa di 100mq.

Poste queste doverose premesse possiamo analizzare più nel dettaglio i costi di un impianto fotovoltaico.

 

    Indice contenuti

  • Quali sono gli impianti fotovoltaici maggiormente utilizzati
  • Prezzi impianto fotovoltaico
  • Costi extra da tenere in considerazione

 
 
 

Quali sono gli impianti fotovoltaici maggiormente utilizzati

Tipologie impianti fotovoltaici più comuni

Oltre al consumo annuo bisogna valutare la tipologia di impianto fotovoltaico.

Questi non sono tutti uguali e le differenze sono significative proprio perché vanno a incidere sulla capacità di produzione di quei pannelli.

Le principali tipologie di impianto fotovoltaico cui rivolgersi sono:

  • Grid connected;
  • Stand alone;
  • Con accumulo;
  • Plug&Play.

L’impianto fotovoltaico grid connected è probabilmente una delle tipologie di impianto solare più diffusa.

È quella che prevede il collegamento con la rete elettrica nazionale e proprio per questo assicura di avere sempre l’energia per alimentare gli impianti di casa.

Oltre ad assicurare la produzione di energia riducendo l’impatto delle bollette, grazie a questo tipo di impianto è possibile rivendere l’energia prodotta in eccesso ottenendo un contributo economico.

Il cosiddetto impianto fotovoltaico stand alone (a isola) è invece quello che, all’opposto, non è collegato alla rete elettrica.

Questo avviene prevalentemente nelle abitazioni periferiche nelle quali l’impianto grid connected è meno conveniente o impossibile da prevedere.

Questo tipo di impianto consente l’utilizzo immediato dell’energia prodotta o il suo immagazzinamento, laddove previsto, in un apposito sistema di accumulo.

L’altra tipologia di impianto molto diffusa (e lo sarà sempre di più) è quella con sistema di accumulo. È una via di mezzo, una soluzione ibrida, tra gli impianti grid connected e quelli stand alone e unisce i vantaggi di entrambe le tecnologie.

Molto semplicemente il sistema di accumulo permette di immagazzinare in apposite batterie l’energia prodotta e non utilizzata in modo da potervi accedere quando necessario (come nelle giornate nuvolose) o decidere di cederla alla rete elettrica, senza evitare la sua dispersione.

Infine l’impianto fotovoltaico plug&Play è quello con una potenza minima (inferiore ai 350”) che può essere installato anche su un balcone e permette di ridurre, anche se meno rispetto alle altre tipologie, i consumi energetici.

Per maggiori informazioni sulle tipologie di impianti fotovoltaici e non solo FotovoltaicoIN ha una sezione ARTICOLI dedicata dove vengono approfondite tutte le tematiche dietro al Fotovoltaico

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Prezzi impianto fotovoltaico

Di seguito delle tabelle di prezzo orientative che mostrano i vari prezzi delle tipologie più comuni in funzione della potenza dell’impianto.

Costo Impianto fotovoltaico Grid connected

Potenza in kw Costo impianto fotovoltaico Superficie pannelli Per chi è adatto
Impianto fotovoltaico da 1 kw 2000-2500€ 9-11mq Single che abita in un appartamento di 40mq
Impianto fotovoltaico da 3 kw 6500-7500€ 18-22mq Famiglia di 3-4 persone
Impianto fotovoltaico da 4 kw 7000-8500€ 18-22mq Famiglia di 4-5 persone
Impianto fotovoltaico da 6 kw 11000-13000€ 30-36mq Famiglia di 6 persone
Impianto fotovoltaico da 9 kw 18000-24000€ 63-99mq Famiglie con grandi consumi elettrici (ville, b&b, eccetera)
Impianto fotovoltaico da 15 kw 33000-70000€ 80-160mq Attività ricettive e turistiche e piccole imprese
Impianto fotovoltaico da 50 kw 90000-130000€ 250-400mq Attività industriale dai grandi consumi
Impianto fotovoltaico da 100 kw 150000-210000€ 450-550mq Stabilimenti industriali

Costo Impianto fotovoltaico Stand alone

Potenza in kw Costo impianto fotovoltaico Superficie pannelli Per chi è adatto
Impianto fotovoltaico da 1 kw 3600-5600€ 9-11mq Single che abita in un appartamento di 40mq
Impianto fotovoltaico da 3 kw 12000-15000€ 18-22mq Famiglia di 3-4 persone
Impianto fotovoltaico da 4 kw Da 18000€ in su 18-22mq Famiglia di 4-5 persone
Impianto fotovoltaico da 6 kw Da 26000€ 30-36mq Famiglia di 6 persone
Impianto fotovoltaico da 9 kw Da 40000€ in su 63-99mq Famiglie con grandi consumi elettrici (ville, b&b, eccetera)
Impianto fotovoltaico da 15 kw Da 60000€ in su 80-160mq Attività ricettive e turistiche e piccole imprese

Costo Impianto fotovoltaico con accumulo

Potenza in kw Costo impianto fotovoltaico Superficie pannelli Per chi è adatto
Impianto fotovoltaico da 1 kw 3000-3500€ 9-11mq Single che abita in un appartamento di 40mq
Impianto fotovoltaico da 3 kw 9000€ in su 18-22mq Famiglia di 3-4 persone
Impianto fotovoltaico da 4 kw 12000€ in su 18-22mq Famiglia di 4-5 persone
Impianto fotovoltaico da 6 kw 23000€ in su 30-36mq Famiglia di 6 persone
Impianto fotovoltaico da 9 kw 33000€ in su 63-99mq Famiglie con grandi consumi elettrici (ville, b&b, eccetera)
Impianto fotovoltaico da 15 kw 45000€ in su 80-160mq Attività ricettive e turistiche e piccole imprese
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Costi extra da tenere in considerazione

Oltre al costo in sé dei pannelli fotovoltaici e della relativa installazione bisogna considerare una serie di spese aggiuntive.

Innanzitutto gli ottimizzatori, dei piccoli dispositivi da porre sul retro di ogni pannello e che ne permettono il collegamento all’inverter.

In questo modo ogni pannello è indipendente rispetto agli altri e permette di massimizzare il rendimento.

Parliamo di un dispositivo il cui costo è di circa 150€ a ottimizzatore.

Inoltre vanno previste, in base alla collocazione dei pannelli, le relative strutture di supporto, l’inverter per convertire la corrente continua in corrente alternata da poter utilizzare in casa e gli eventuali impianti aggiuntivi, come le pompe di calore per il condizionamento della casa, che si integrano perfettamente con un impianto fotovoltaico e lo fanno rendere al meglio.

Infine un costo da non sottovalutare è quello legato alla manutenzione.

I pannelli fotovoltaici, infatti, vanno puliti per mantenerne l’efficienza così come va regolarmente verificato il funzionamento e l’integrità di tutti gli altri componenti per evitare guasti che, oltre a compromettere la produzione di energia, rischiano di danneggiare l’impianto rendendo necessari interventi di riparazione molto più costosi.

Mediamente i costi di manutenzione ed esercizio di un impianto fotovoltaico si aggirano sui 100-150€ a kW.

Vuoi valutare quanto potresti risparmiare con un impianto fotovoltaico per la tua casa o la tua azienda? E in quanto tempo (ammortamento) rientrare dell’investimento? Richiedi subito un preventivo senza impegno andando sul sito fotovoltaicoIN o compilando direttamente il nostro form.

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Aprile 27, 2023 da elisa

Domande più frequenti sull’ amianto: ecco cosa sapere

Domande frequenti sull’amianto: quali sono i dubbi più comuni su questo materiale e sui rischi ad esso correlati

Le domande sull’amianto che vengono frequentemente poste sono diverse e riguardano soprattutto la sua origine, la sua tossicità per l’uomo e per l’ambiente, le ragioni per cui viene utilizzato, il luogo in cui è possibile reperirlo e le modalità di smaltimento.

Spesso si tratta di FAQ, ovvero domande che non solo sono frequenti ma che richiedono una risposta breve, chiara ed esaustiva che arrivi dunque in maniera semplice ed immediata a chi si è posto la domanda.

Cosa sapere sull'amianto

 

    Indice contenuti

  • Che differenza c’è tra amianto ed eternit?
  • L’acqua contenuta in serbatoi di amianto o che passa attraverso tubature in amianto è potabile o rischiosa?
  • Quanto amianto c’è ancora in Italia?
  • Quanto rimane l’amianto nell’aria?
  • La lana di vetro contiene amianto?
  • Da dove si estrae e da dove si ricava l’amianto?
  • Dove si butta l’amianto?
  • Esistono alternative più sicure, ecologiche e sostenibili dell’amianto?
  • Che differenza c’è tra amianto compatto o friabile?
  • Cosa sono i fioccati d’amianto e quanto sono pericolosi?

 
 
 

Che differenza c’è tra amianto ed eternit?

L’amianto è un minerale che appartiene alla famiglia dei silicati di consistenza friabile e con una struttura filamentosa.

L’eternit, che prende il nome dall’azienda produttrice, non è altro che un composto molto compatto costituito dall’insieme di amianto e cemento, e pertanto conosciuto anche come fibro-cemento.

Entrambi i materiali hanno la caratteristica di resistere al calore, alla combustione, alle sollecitazioni meccaniche ed alle aggressioni fisiche.

Il basso costo di questo materiale ha fatto sì che negli anni ‘70 venisse largamente utilizzato soprattutto nel campo dell’edilizia.

A partire dal 1993 ne è stato vietato l’utilizzo perché le sue fibre sottili inalate possono creare gravi danni alla salute.

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L’acqua contenuta in serbatoi di amianto o che passa attraverso tubature in amianto è potabile o rischiosa?

Fino all’Aprile del 1993, quando è entrata in vigore la Legge 257/1992 che vieta l’uso dell’amianto, le tubature degli acquedotti sono state realizzate in eternit.

Con il passare del tempo e con una scarsa manutenzione, le tubature possono andare incontro a piccole lesioni che rilasciano fibre e contaminano l’acqua.

Bevendo l’acqua potabile è pertanto possibile ingerire anche le fibre di amianto che sono causa di danni alla salute e in particolar modo allo stomaco ed al colon.

L’acqua potabile usata per cucinare o per l’igiene personale evapora, e con l’evaporazione si ha una dispersione di fibre nell’ambiente che vengono successivamente inalate con conseguenti problemi a livello polmonare.

Articolo correlato: SERBATOI ETERNIT

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Quanto amianto c’è ancora in Italia?

La legge 257/1992 ha vietato l’uso dell’amianto in Italia ma nonostante ciò non è facile stabilire quanto amianto sia ancora presente sul territorio italiano.

Secondo gli ultimi studi condotti dall’ISPESL, l’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza sul lavoro, e dal CNR, ovvero il Consiglio Nazionale delle Ricerche, in Italia sarebbero presenti ancora 32 milioni di tonnellate di amianto, equivalenti ad un territorio di circa un miliardo di m2 e distribuiti al 2020 in 108 mila siti tra cui scuole ed ospedali.

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Quanto rimane l’amianto nell’aria?

L’amianto è un materiale composto da fibre molto sottili che si disperdono nell’aria e non vengono degradate da altri composti presenti nell’atmosfera.

Per tale ragione le fibre presenti nell’aria possono restarvi anche per decenni.

Una volta sospese nell’aria possono essere trasportate dal vento e percorrere lunghe distanze.

In passato la concentrazione di fibre era molto elevata soprattutto in prossimità delle miniere e delle industrie che usavano questo materiale, dove era possibile trovare una concentrazione pari a 2.000 fibre al m2.

Oggi la concentrazione è notevolmente diminuita e valori più alti possono essere rilevati in prossimità delle discariche o di edifici contenenti ancora prodotti a base di amianto.

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La lana di vetro contiene amianto?

A partire dalla fine degli anni ‘80 si è tentato di sostituire l’amianto con altre fibre minerali vetrose, meglio conosciute come lana di vetro.

Si tratta di una fibra artificiale utilizzata sia per l’isolamento acustico che per il rinforzo di materiale plastico.

La lana di vetro si ottiene dalla fusione di vetro con sabbia, minerali rocciosi e bakelite che è una resina che serve per legare i vari composti.

La lana di vetro non contiene amianto e per questa ragione può essere utilizzata nell’edilizia e smaltita senza alcun pericolo nelle comuni discariche.

Domande frequenti sull'eternit: la lana di vetro contiene amianto
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Da dove si estrae e da dove si ricava l’amianto?

L’amianto è un minerale che si estrae dalla roccia e fa parte del gruppo degli inosilicati e dei fillosilicati.

Per poter diventare amianto è necessario che i minerali che lo costituiscono siano sottoposti a vari processi di lavorazione a bassa pressione ed a bassa temperatura.

Una volta estratto dalla roccia madre, il minerale viene infatti macinato ed arricchito nelle cosiddette miniere a cielo aperto.

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Dove si butta l’amianto?

Per lo smaltimento dell’amianto non è possibile il fai da te ma è necessario contattare un’impresa di bonifica che si occupi espressamente dello smaltimento dell’amianto, così come previsto dall’articolo 212 del D.lgs. 152 del 2016.

La bonifica dell’amianto prevede la rimozione, l’incapsulamento e il confinamento.

L’amianto rimosso viene trasportato in una discarica autorizzata dalla quale sarà poi trasferito in una seconda discarica che provvederà al sotterramento in appositi siti autorizzati dalla legge.

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Esistono alternative più sicure, ecologiche e sostenibili dell’amianto?

Un’alternativa all’utilizzo dell’amianto è il fibrocemento ecologico che non deve essere confuso con l’eternit che come abbiamo visto è invece costituito da una miscela di amianto e cemento.

Il fibrocemento ecologico è un materiale costituito da acqua, cemento, cellulosa e fibre di origine naturale che non sono nocive per la salute; si tratta di un prodotto leggero, con una buona efficienza energetica e resistente alla trazione e all’azione dei raggi UV e degli agenti atmosferici.

Il fibrocemento ecologico è costituito da 6 strati di cemento e fibre naturali che vengono sovrapposti e compressi.

Viene largamente utilizzato nel campo dell’edilizia ma anche per i serbatoi e le tubature.

Trattandosi di un materiale ecologico può essere smaltito in discarica e in alcuni casi, se necessario, può anche essere riciclato.

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Che differenza c’è tra amianto compatto o friabile?

La differenza tra amianto friabile e compatto consiste nel fatto che l’amianto friabile è costituito da fibre libere o debolmente legate tra loro, mentre il compatto ha una matrice stabile e le fibre sono fortemente legate tra loro.

Mentre l’amianto friabile può essere facilmente ridotto in polvere, quello compatto può essere sbriciolato solamente con l’utilizzo di attrezzi meccanici, col risultato che l’amianto compatto risulta più sicuro per la salute in quanto il rischio che le fibre si disperdano nell’atmosfera sono minori.

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Cosa sono i fioccati d’amianto e quanto sono pericolosi?

I fioccati di amianto sono un tipo di amianto costituito dall’unione di amianto con cemento.

Si tratta di una tipologia di amianto molto pericolosa perché le fibre non sono saldamente legate tra loro perché anche una semplice pressione può determinare lo sgretolamento.

Ciò significa liberazione delle fibre sottili nell’aria, con rischio di inalazione e quindi danni alla salute dell’uomo.

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    Marzo 23, 2023 da Redazione

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      Indice contenuti

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    • Cos’è il Bonus Ristrutturazione e come funziona?
    • Chi può usufruire delle agevolazioni fiscali per la ristrutturazione di casa?
    • Quali lavori rientrano nel Bonus Casa ristrutturazione?
    • Agevolazioni fiscali per l’adozione di misure antisismiche
    • Agevolazioni ristrutturazione casa per disabili: normative e tipologie di intervento
    • Incentivi ristrutturazione casa: documenti da inviare all’ ENEA
    • Domande frequenti sul Bonus Ristrutturazione 2023
    • Ristrutturazione casa: rivolgiti a professionisti e ristruttura la tua casa
    Voglio un preventivo e risparmiare grazie alle detrazioni fiscali VANTAGGIOSE

     
     
     

    Incentivi ristrutturazione casa: come funziona

    I costi di una ristrutturazione dipendono da molti fattori, tra i quali:

    • Le condizioni in cui si trova l’immobile;
    • I materiali che si sceglie di utilizzare;
    • Il costo della manodopera ;
    • La regione e la zona geografica dove si trova l’immobile;
    • Eventuali imprevisti;

    Inoltre, tutte le opere di ristrutturazione, ivi comprese gli impianti tecnologici e igienico-sanitari, richiedono specifiche pratiche da presentare in Comune (Cila e Scia in particolare) che incidono sui costi, per via delle parcelle dei professionisti coinvolti e dei diritti di istruttoria e di segreteria (che vanno dai 500 ai 1.000€).

    Detto questo, e in considerazione del fatto che la variabilità dipende anche dalle scelte del committente, ecco i costi di alcuni dei lavori possibili grazie ai bonus 2023 detratti con le relative percentuali di riferimento, così da poter avere un’idea più precisa delle spese indicative medie da sostenere prima di richiedere un preventivo di ristrutturazione casa:

    Lavoro Costo al mq Costo con detrazione
    Intervento edile interno di sostituzione infissi + Ecobonus al 50% 350-1.1o0€ al mq 175-550€ al mq
    Intervento edile interno di coibentazione dei pavimenti + Ecobonus al 65% 15-65€ al mq 9,75 – 42,25€ al mq
    Intervento antisismico di consolidamento dei muri + Sismabonus all’80% 90-250€ al mq 72-200€ al mq
    Intervento antisismico di rinforzo strutturale dei solai + Sismabonus all’80% 15-100€ al mq 12-80€ al mq
    Intervento antisismico di incamiciatura dei pilastri + Sismabonus all’80% 65-160€ al mq 52-128€ al mq
    Intervento antisismico di installazione dei connettori + Sismabonus all’80% 20-100€ al mq 16-80€ al mq
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    Cos’è il Bonus Ristrutturazione e come funziona?

    Come accennato prima, il Bonus ristrutturazione è lo sconto di una determinata percentuale, in base al lavoro di cui si parla, sulla spesa totale sostenuta.

    Queste agevolazioni, già previste fin dal 2012 grazie alla Legge di Bilancio, sono ancora oggi, 2023, valide anche se l’ammontare dello sgravio può differire da anno in anno.

    Il bonus ristrutturazione 2023, come abbiamo accennato, prevede un’agevolazione fiscale del 50% con un limite di spesa di 96.000 euro su interventi di manutenzione sia ordinaria che straordinaria che viene ripartita in 10 anni.

    Per spese si intendono non solo quelle relative ai lavori in senso stretto, ma anche:

    • Le spese relative alla progettazione dell’intervento
    • Le spese relative all’acquisto dei materiali da utilizzare
    • Le spese relative alle perizie da effettuare
    • Le spese relative agli oneri di urbanizzazione 

    L’immobile oggetto degli interventi può essere sia singolo e privato, che parte comune di un edificio condominiale, tuttavia in questo ultimo caso la spesa si divide in base ai millesimi.

    Rispetto al funzionamento, vanno inoltre tenuti presenti due aspetti sovente trascurati:

    • La detrazione del bonus ristrutturazione viene ripartita in 10 quote annuali di pari importo tuttavia se la quota annua detraibile ammonta a 1.200 euro, mentre l’imposta Irpef a 1.000, i 200 euro di avanzo non potranno essere recuperati né potrà essere richiesto un rimborso o un accredito per l’anno successivo
    • Non tutti i bonus sono cumulabili tra loro come lo sono ad esempio il bonus ristrutturazioni e l’ecobonus, perciò è importante informarsi dettagliatamente sui lavori che si intende effettuare e sui bonus ad essi collegati

    Gli altri incentivi fiscali previsti, infatti, sono:

    • Bonus mobili ed elettrodomestici: agevolazione del 50% fino a una spesa massima di 8.000€;
    • Bonus verde: agevolazione del 36% per una spesa massima di 5.000€
    • Ecobonus: agevolazione del 50% o del 65% a seconda dei lavori svolti: nella detrazione al 50% rientrano l’acquisto e la posa di infissi, finestre e porte comprese di schermature solari, la sostituzione di impianti di climatizzazione con caldaie a condensazione e la sostituzione o l’installazione ex novo di un impianto di climatizzazione invernale a biomassa
    • Bonus infissi: agevolazione del 50% su un tetto di spesa massimo di 60.000€ per l’installazione di infissi che si apprestino a migliorare l’efficienza energetica dell’immobile;
    • Bonus condizionatori: rientrante sia nel Bonus Ristrutturazioni che nel Bonus Mobili ed Elettrodomestici, consiste in un’agevolazione del 50% o del 65% per la sostituzione di impianti termici con impianti ad alta efficienza;
    • Sismabonus che vedremo nel dettaglio tra qualche paragrafo;
    • Superbonus grazie al quale è possibile risparmiare fino al 90% se vengono contestualmente realizzati lavori mirati al miglioramento energetico. Ad esempio: sostituzione infissi + installazione cappotto termico;
    • Bonus barriere architettoniche: questa detrazione, entrata in vigore nel 2022, prevede un abbattimento dei costi del 75% sugli interventi finalizzati al superamento e all’eliminazione di barriere architettoniche in immobili già esistenti.

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    Chi può usufruire delle agevolazioni fiscali per la ristrutturazione di casa?

    Possono beneficiare delle agevolazioni per la ristrutturazione di casa non solo i proprietari dell’immobile, ma anche:

    • il titolare di un diritto reale di godimento (ad esempio l’usufruttuario);
    • l’inquilino ;
    • i soci di cooperative divise e indivise;
    • i soci delle società semplici;
    • gli imprenditori individuali, solo per gli immobili che non rientrano fra quelli strumentali o merce.

    Hanno diritto ad usufruire delle detrazioni, inoltre, purché sostengano le spese e siano intestatari di bonifici e fatture:

    • il coniuge, un parente entro il terzo grado o un affine entro il secondo grado del proprietario o usufruttuario, purché vivano sotto lo stesso tetto;
    • il coniuge separato assegnatario dell’immobile intestato all’altro coniuge;
    • il convivente more uxorio, non proprietario dell’immobile oggetto degli interventi né titolare di un contratto di comodato, per le spese sostenute a partire dal 1° gennaio 2016.

    La condizione di convivente deve sussistere al momento dell’invio della comunicazione di inizio lavori.

    Se si acquista una casa nella quale sono stati effettuati interventi che godono della detrazione, le quote residue di queste ultime si trasferiscono assieme alla casa, a meno che non intervenga accordo diverso tra le parti.

    Ha diritto agli sgravi fiscali ristrutturazioni anche chi esegue i lavori in proprio, ma solo relativamente all’acquisto dei materiali.

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    Quali lavori rientrano nel Bonus Casa Ristrutturazione?

    I lavori sulle unità immobiliari residenziali e sugli edifici residenziali per i quali spetta l’agevolazione fiscale sono:

    • Quelli necessari alla ricostruzione o al ripristino dell’immobile danneggiato da calamità, ma solo a patto che sia stato dichiarato lo stato di emergenza;
    • Quelli relativi alla realizzazione di autorimesse o posti auto anche di proprietà comune;
    • I lavori realizzati su ascensori e montacarichi al fine di eliminare le barriere architettoniche;
    • Quelli che impiegano la robotica e altre tecnologie avanzate per favorire la mobilità interna ed esterna all’abitazione per le persone portatrici di handicap gravi (rientrano solo interventi sugli immobili e non le spese sostenute per l’acquisto della strumentazione, per la quale è prevista invece la detrazione Irpef del 19%);
    • Quelli di bonifica dall’amianto;
    • Le opere volte ad evitare gli infortuni domestici, tra le quali figurano l’installazione di apparecchi di rilevazione di gas, il montaggio di vetri anti-infortunio, l’installazione di corrimano.
    • Quelli finalizzati a prevenire furti e aggressioni, come ad esempio l’installazione di cancellate, grate, porte blindate, l’apposizione di serrature, rilevatori di effrazione, vetri antisfondamento e sistemi di antifurto e videosorveglianza.
    • Quelli volti alla cablatura degli edifici, al contenimento dell’inquinamento acustico, al risparmio energetico, all’adozione di misure di sicurezza statica e antisismica;
    • La manutenzione straordinaria, il restauro e risanamento conservativo e la ristrutturazione edilizia su tutti gli immobili residenziali, compresi quelli rurali, e relative pertinenze;
    • La manutenzione ordinaria e straordinaria, il restauro e risanamento conservativo, la ristrutturazione edilizia, effettuati su tutte le parti comuni degli edifici residenziali.

    Gli interventi di manutenzione ordinaria sono dunque agevolabili solo quando riguardano le parti comuni e la detrazione spetta ad ogni condomino in base alla quota millesimale.

    Oltre alle spese necessarie per l’esecuzione dei lavori, ai fini della detrazione ristrutturazione è possibile, come anticipato in precedenza, considerare anche le spese di:

    • Progettazione ;
    • Manodopera e altre prestazioni professionali ;
    • Messa in regola degli impianti elettrici e a metano;
    • Acquisto dei materiali;
    • Compenso per la relazione di conformità dei lavori eseguiti;
    • Perizie e sopralluoghi;
    • Imposte, concessioni, autorizzazioni.

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    Agevolazioni fiscali per l’adozione di misure antisismiche

    Lo si è già citato, ma cos’è esattamente il sismabonus?

    Si tratta di una misura volta a incentivare l’adozione di misure antisismiche sugli edifici ed è rivolto sia ai contribuenti Irpef che Ires.

    Il bonus in questione permette ai contribuenti che adottano misure antisismiche sugli edifici di detrarre una parte delle spese dalle imposte sui redditi, e per farne domanda è necessario indicare nella dichiarazione dei redditi i dati catastali dell’immobile e tutti gli altri dati richiesti per il controllo della detrazione entro il 31 dicembre 2024.

    Per lavori eseguiti sulle parti comuni di edifici residenziali, basta che ogni condomino indichi il codice fiscale del condominio.

    La percentuale di detrazione e le regole per poter fruire del sismabonus sono diverse in base al tipo di intervento effettuato: è possibile infatti accedere ad agevolazioni che vanno da una detrazione del 50% al 70% per unità immobiliare, fino a raggiungere il 75% ed 85% nel caso di condomini.

    Ricordiamo però che è necessario sempre che si tratti di ristrutturazione edilizia e non di nuova costruzione.

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    Agevolazioni ristrutturazione casa per disabili: normative e tipologie di intervento

    Come abbiamo anticipato,  esistono agevolazioni previste per quegli interventi volti all’eliminazione delle barriere architettoniche presenti tra le mura domestiche, ma ci sono interventi non inquadrati come “abbattimento delle barriere architettoniche” che godono comunque di agevolazioni, e che possono risultare utili per le persone con disabilità o invalidità.

    La norma si riferisce in particolare a lavori finalizzati all’eliminazione delle barriere e “aventi a oggetto ascensori e montacarichi”, dando quindi la possibilità alle persone con difficoltà motorie di usufruire della detrazione per l’acquisto e l’installazione di un ascensore o un montascale.

    Oltre che “alla realizzazione di ogni strumento che, attraverso la comunicazione, la robotica e ogni altro mezzo di tecnologia più avanzata, sia idoneo a favorire la mobilità interna ed esterna all’abitazione per le persone portatrici di handicap gravi, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge n. 104/1992”.

    Sono quindi le persone con handicap grave, considerate invalide, a poter godere di quest’ultimo e più ampio tipo di agevolazioni, che però si applica “solo alle spese riguardanti i lavori sugli immobili, e non anche per quelle atte all’acquisto di strumenti”.
    Dunque non è compreso l’acquisto di beni come telefoni viva-voce, computer, tastiere espanse, eccetera che però godono della detrazione IRPEF del 19%.

    Anche se la detrazione IRPEF al 50% per la ristrutturazione copre comunque interventi che rendono la propria abitazione, o il proprio condominio, più accessibile, come ad esempio:

    • Allargamento porte con demolizioni di modesta entità
    • Installazione o sostituzione di ascensore
    • Sostituzione o nuova installazione di videocitofoni e telecamere
    • Sostituzione di scalinate interne ed esterne, per modificarne forma, dimensioni o materiali
    • Installazione o sostituzione di montacarichi
    • Installazione di sanitari ad hoc, ma solo in concomitanza ad interventi di ristrutturazione di maggiore entità

    A fronte però dell’assenza di agevolazioni specifiche, ricordiamo che:

    • Alcune agevolazioni sono cumulabili: acquistando e installando un montascale si avrà diritto alla detrazione IRPEF al 50% in base al bonus ristrutturazioni più un’ulteriore 19% dalle spese sanitarie (quest’ultima però spetterà solo sull’eventuale parte di spesa eccedente la quota già agevolata con la prima)
    • I beni significativi, tra i quali ascensori e montacarichi, infissi esterni e interni, sanitari e rubinetteria da bagni, impianti di sicurezza, eccetera godono dell’IVA ridotta al 10% (per meglio dire, un’applicazione ridotta dell’imposta sul valore aggiunto per la prestazione di un servizio).
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    Incentivi ristrutturazione casa: documenti da inviare all’ ENEA

    Qualsiasi sia il bonus o la detrazione alla quale vogliamo accedere, la comunicazione ENEA è obbligatoria.

    Va inoltrata da cittadini e imprese che realizzeranno o hanno già iniziato lavori utili a migliorare l’efficienza di un immobile.

    Questa la lista dei documenti da inviare:

    • Attestato di Certificazione Energetica scritto e siglato da un tecnico qualificato
    • Dichiarazione che attesti un’esecuzione rispettosa dei requisiti previsti per la detrazione fiscale
    • Scheda descrittiva dell’intervento eseguito, che nel caso degli impianti avrà un tempo limite di 30 giorni dalla fine dei lavori per essere inviata

    E questa la lista dei documenti tecnici da custodire:

    • Scheda descrittiva dell’intervento in formato originale, firmata dal beneficiario e, laddove previsto, dal tecnico abilitato;
    • Asseverazione redatta da un tecnico abilitato
    • Schede tecniche dei prodotti con relativo marchio CE e dichiarazioni di prestazione
    • Copia dell’Attestato di Prestazione Energetica (APE).

    Infine, la lista dei documenti amministrativi:

    • Delibera nella quale l’assemblea approva la realizzazione degli interventi
    • Ripartizione delle spese in base a tabelle millesimali per i lavori sulle parti comuni nei condomini;
    • Dichiarazione di consenso all’esecuzione dei lavori;
    • Fatture relative alle spese sostenute;
    • Ricevute dei bonifici dalle quali si evinca la causale del versamento;
    • Stampa della comunicazione telematica inviata dall’ENEA riportante il CPID che garantisce la trasmissione della scheda descrittiva dell’intervento.

    La procedura è abbastanza semplice:

    • Registrarsi al sito dell’ENEA e fare login con le credenziali ottenute;
    • Inserire i propri dati anagrafici;
    • Inserire i dati dell’immobile oggetto degli interventi;
    • Compilare gli allegati richiesti per la tipologia di intervento portato a termine;
    • Inoltrare la comunicazione ENEA;
    • Stampare una copia della comunicazione inviata.
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    Domande frequenti sul Bonus Ristrutturazione 2023

    1) Come ottenere il bonus mobili 2023 senza ristrutturazione?

    Il bonus mobili 2023 senza ristrutturazione fa riferimento, più correttamente, al bonus per la ristrutturazione ordinaria di un immobile. Per accedere al bonus mobili è infatti necessario che sia effettuato un intervento trainante di riparazione o ristrutturazione.

    2) Cosa rientra nel bonus ristrutturazione 2023?

    Nel bonus ristrutturazione 2023 rientrano gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria effettuati sulla singola unità immobiliare, nonchè le opere di restauro, ristrutturazione e risanamento conservativo fino ad un tetto di spesa massimo pari a 96.000€

    3) Come richiedere il bonus ristrutturazione 2023?

    Il bonus ristrutturazione 2023 può essere richiesto in vari modi: inviando il Modello Unico o presentando la propria dichiarazione 730 all’Agenzia delle Entrate, rivolgendosi al CAF per chiedere supporto fiscale, oppure facendo richiesta della cessione del credito d’imposta ai soggetti autorizzati

    4) Chi può usufruire del bonus ristrutturazione 2023?

    Può usufruire del bonus ristrutturazione 2023 qualsiasi soggetto che effettua il pagamento all’IRPEF, sia questo il proprietario dell’immobile, l’inquilino o l’affittuario. Può accedere al bonus anche il convivente del proprietario dell’immobile o il coniuge separato a cui l’immobile è intestato

    5) Come richiedere Ecobonus 2023?

    Per richiedere l’Ecobonus 2023 è necessario inviare per via telematica al portale ENEA la cosiddetta Scheda Descrittiva completa di tutte le informazioni sugli interventi di riqualificazione energetica svolti e terminati, accedendo al portale relativo alle detrazioni fiscali

     
     
     

    Ristrutturazione casa: rivolgiti a professionisti e ristruttura la tua casa

    Tutto quanto detto però va svolto entro 90 giorni dalla fine dei lavori.

    In caso di ritardo è possibile rimediare:

    • Senza sanzioni nel momento in cui non siano ancora trascorsi i 90 giorni
    • Pagando una penale di 258 euro, una volta trascorsi i 90 giorni.

    Anche alla luce di quest’ultimo punto, sarebbe meglio affidarsi a professionisti qualificati e organizzati per la gestione delle varie fasi.

    Dalla progettazione alla realizzazione all’adempimento delle questioni burocratiche, noi di Costo Ristrutturazione Casa ci occupiamo di tutto, garantendoti di guadagnare tempo, di evitare stress e noie, dando il giusto valore ai tuoi soldi.

    Richiedi un preventivo gratuito per ristrutturare la tua casa e potrai scoprire, nel giro di poche ore, a quanto ammonteranno le spese da sostenere per realizzare il tuo progetto.
    Il team di Costo Ristrutturazione Casa è sempre a tua disposizione.

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    Aprile 13, 2023 da Redazione

    Canna fumaria eternit: cosa fare, normativa, rischi e obblighi

    Canna fumaria in eternit: cosa fare?

    L’amianto è un materiale che nel corso del secolo scorso ha trovato largo impiego nel campo dell’edilizia soprattutto per la costruzione di tetti, canne fumarie e grondaie grazie alla sua resistenza ad agenti chimici ed al calore.

    A partire dal 1992, dopo numerose verifiche, la normativa italiana ha vietato l’uso di questo materiale per via della sua comprovata tossicità per la salute umana.

    Per tale ragione se si ha, o si sospetta di avere, una canna fumaria in eternit, è importantissimo controllarne lo stato perchè qualora dovesse risultare danneggiata sarà necessario sostituirla con una costruita con materiali a norma di legge al fine di prevenire danni irreversibili alla salute causati proprio dall’inalazione delle fibre sprigionate dal materiale danneggiato.

    Canna fumaria eternit: cosa fare, normativa, rischi e obblighi

     

      Indice contenuti

    • Canne fumarie e tetti in eternit: perchè sono così diffusi
    • Canna fumaria in eternit: come riconoscerla e cosa fare se non presenta danni
    • Manutenzione canne fumarie in eternit: a chi rivolgersi?
    • Normativa ed obblighi di legge sulle canne fumarie in amianto
    • Risanamento e sostituzione delle canne fumarie in eternit
    • Prezzi canne fumarie: quanto costa intervenire?
    • Perizia e valutazione delle canne fumarie: come trovare un’azienda specializzata
    • Canna fumaria eternit: domande frequenti

     
     
     

    Canne fumarie e tetti in eternit: perché sono così diffusi

    Canne fumarie e tetti in eternit

    L’utilizzo dell’amianto in Italia ebbe un forte incremento a partire dalla metà degli anni ‘60, soprattutto in campo edile sotto forma di eternit, un materiale costituito da amianto e cemento che veniva usato per la costruzione di controsoffitti, tetti, tubature e canne fumarie.

    Il largo uso di questo materiale è legato alle sue caratteristiche chimico-fisiche, alla sua versatilità ed al suo basso costo.

    L’amianto infatti è in grado di rimanere stabile anche in presenza di temperature elevate, ha una buona resistenza meccanica tale per cui, se associato al cemento, è in grado di sostituire l’acciaio per la costruzione di tubature e canne fumarie.

    L’amianto gode altresì di elevata resistenza agli agenti chimici e biologici, oltre ad avere una buona proprietà dielettrica che lo rende un ottimo isolante elettrico.

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    Canna fumaria in eternit: come riconoscerla e cosa fare se non presenta danni

    Le canne fumarie in eternit sono, sfortunatamente, tra le più diffuse.

    Si riconoscono innanzitutto per la forma che può essere a sezione circolare o quadrangolare; spesso quelle a sezione quadrangolare contengono al loro interno una seconda canna fumaria in cemento-amianto.

    In genere la canna fumaria realizzata in questo materiale ha un aspetto liscio di colore grigio chiaro.

    La presenza di filamenti che fuoriescono dal cemento è un pericoloso indice di danneggiamento della canna fumaria stessa.

    Per riconoscere le canne fumarie in eternit con esattezza, esistono però indicatori quali il marchio di fabbrica e l’anno di produzione, che deve essere antecedente al 1992.

    La canna fumaria, come molti altri manufatti realizzati in eternit, diventa pericolosa per la salute solo quando è danneggiata e quindi in grado di sprigionare fibre tossiche, perciò dopo un’accurata pulizia interna per la rimozione della fuliggine è fondamentale procedere con un’ispezione delle pareti per verificare l’eventuale presenza di crepe.

    Se la canna fumaria non è danneggiata, nella maggior parte dei casi è sufficiente procedere con un monitoraggio periodico delle parti che la compongono.

    Tuttavia, per avere indicazioni chiare, precise e soprattutto affidabili su come procedere, è essenziale affidarsi ad un’azienda specializzata nella perizia dell’amianto.

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    Manutenzione canne fumarie in eternit: a chi rivolgersi?

    La manutenzione delle canne fumarie in eternit è un intervento molto delicato caratterizzato da due momenti distinti:

    • Una fase preliminare
    • Una fase operativa

    Per tale ragione è sempre sconsigliato il fai da te ed è necessario affidarsi a personale specializzato che nella prima fase si occuperà esclusivamente dell’isolamento della parte da trattare, che nella prima fase indossi tutti i dispositivi di sicurezza e protezione.

    Conclusa la prima parte, si procederà poi alla fase operativa che consiste nell’aspirazione della fuliggine e nella filtrazione mediante appositi filtri, che dovranno poi essere chiusi in sacchi speciali e smaltiti come materiale pericoloso.

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    Normativa ed obblighi di legge sulle canne fumarie in amianto

    La legge n.257 del 1992 vieta l’utilizzo di amianto riconoscendone la pericolosità per la salute, ma sarà poi il Decreto Ministeriale del 6 settembre 1994 a definire quali sono i metodi per la bonifica dell’amianto.

    Per quanto riguarda le canne fumarie è prevista la rimozione, l’incapsulamento ed il confinamento.

    La rimozione consiste nell’asportazione della canna fumaria nel rispetto delle regole definite dal Decreto, l’ incapsulamento prevede invece la realizzazione di una barriera protettiva tra la canna fumaria e l’ambiente esterno mediante l’uso di vernici a più strati e di colore diverso in maniera da poter effettuare dei controlli successivi all’applicazione.

    Con il confinamento si realizza una barriera tra la canna fumaria e l’ambiente esterno utilizzando pannelli o muri in grado di contenere e nascondere la canna fumaria stessa.

    Il Decreto stabilisce tutte le procedure e le metodologie per la valutazione dello stato delle canne fumarie in eternit mediante una serie di campionamenti.

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    Risanamento e sostituzione delle canne fumarie in eternit

    Se una canna fumaria in eternit non presenta lesioni, non deve necessariamente essere rimossa e sarà sufficiente un monitoraggio costante.

    Nel caso in cui si presentino crepe o rotture invece, si rende necessario procedere al risanamento o alla rimozione.

    Se l’incapsulamento rientra nelle tecniche di risanamento, la sostituzione della canna fumaria prevede la rimozione e lo smaltimento.

    Per la rimozione è prevista l’analisi e la valutazione della canna stessa, la progettazione dell’intervento, la rimozione, la bonifica ed infine lo smaltimento del materiale secondo le norme stabilite dal Decreto Ministeriale del 1994.

    Solo al termine di queste operazioni è possibile la sostituzione della canna fumaria in eternit con una canna preferibilmente in acciaio o in alternativa di altro materiale a norma.

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    Prezzi canne fumarie: quanto costa intervenire?

    I lavori sulle canne fumarie hanno un costo che varia a seconda del tipo di intervento.

    Per quanto riguarda l’incapsulamento, il prezzo si aggira intorno ai 15 euro al m², mentre per il confinamento è di circa 28 euro al m².

    La rimozione è più complicata perché comprende anche lo smaltimento, perciò il costo varia in base ai m² e va dai 7,50€ per quantità inferiori ai 100 m² fino ai 16 € per quantità superiori ai 1.000 m².

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    Perizia e valutazione delle canne fumarie: come trovare un’azienda specializzata

    Vista la complessità e la pericolosità degli interventi sulle canne fumarie in eternit, è bene rivolgersi a ditte specializzate con personale esperto, qualificato e in possesso di attestati rilasciati a seguito di corsi di specializzazione, in grado perciò di lavorare in massima sicurezza proponendo al contempo soluzioni durevoli nel rispetto della normativa vigente.

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    Canna fumaria eternit: domande frequenti

    1) Come si riconosce una canna fumaria in eternit?

    Le canne fumarie in eternit sono riconoscibili per la loro forma a sezione circolare o quadrangolare, e spesso quelle a sezione quadrangolare contengono al loro interno una seconda canna fumaria in cemento-amianto.

    In genere la canna fumaria realizzata in questo materiale ha un aspetto liscio di colore grigio chiaro. La presenza di filamenti che fuoriescono dal cemento è un pericoloso indice di danneggiamento della canna fumaria stessa.

    2) Quanto costa smaltire una canna fumaria in eternit?

    Il costo dello smaltimento di una canna fumaria in eternit varia in base ai metri quadri e può andare dai 7,50€ per quantità inferiori ai 100 m² fino ai 16 € per quantità superiori ai 1.000 m².

    3) Come pulire una canna fumaria in eternit?

    La pulizia di una canna fumaria in eternit è un’operazione molto delicata e deve essere eseguita da personale specializzato.

    Inizialmente è necessario procedere con l’aspirazione della fuliggine e successivamente con una rimozione accurata della polvere rimasta.

    Una volta terminata la pulizia, è importante effettuare un’ispezione delle pareti della canna fumaria per verificare la presenza di eventuali crepe o danni.

    4) Come sostituire canna fumaria in eternit?

    Se una canna fumaria in eternit non presenta lesioni, non deve necessariamente essere rimossa e sarà sufficiente un monitoraggio costante.

    Nel caso in cui si presentino crepe o rotture invece, si rende necessario procedere al risanamento o alla rimozione.

    La sostituzione della canna fumaria in eternit prevede la rimozione e lo smaltimento secondo le norme stabilite dal Decreto Ministeriale del 1994.

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